Questo sito non utilizza cookies di profilazione, nè propri nè di altri siti. Vengono utilizzati cookies tecnici per consentirti una più facile fruizione di alcune funzionalità del sito e Google Analytics per migliorare le funzionalità del sito

Villa Romana di Larderia

La Villa Romana di Larderia - Roggiano (CS)

 

Foto Gaetano Sangineti


BARRIO, “Antichità e Luoghi della Calabria” 1571

Valle dell'Esaro in Età Romana


A quattro miglia su Temesa c’è Vergiano; il volgo la chiama Rogiano, mutate le prime lettere, una volta detta vergae. E' città sicuramente antica, ma non so con certezza se sia stata fondata dagli Ausoni o dagli Enotri. Parla Livio di questa città, che scrive ritornò ai Romani, come ò dimostrato, con alcune altre. L’agro vergiano è fecondo, si producono vini e mieli famosi. Si raccoglie la manna, si produce seta di ottima qualità. Si tessono a Vergiano panni quali sono tessuti a Murano…

Dopo Saracena, a cinque miglia, vi è Altomonte, città antica, su un luogo alto, una volta detta Balbia. Ma si ignora se fu fondata dagli Ausoni o dagli Enotri. Di qui il vino balbino, notevole per bontà, ricordato nel libro XIV da Plinio, che lo loda molto con altri vini di Calabria. Ateneo nel libro I, così ne parla: “Il vino balbino e generoso e duro, e sempre spontaneamente diviene migliore”. Di qui la vite balbina, altrimenti biblina, fu portata dalla Sicilia, come tramanda Ateneo, il quale così scrive nel I libro: “Ippia di Reggio affermo fu chiamata biblina quella vite che Pollis di Argo, il quale regnò su Siracusa, per primo portò a Siracusa dall’Italia, e forse quel vino che è chiamato Polio presso i Siculi, è lo stesso.

 

Foto Gaetano Sangineti

 

La Villa Romana loc. Larderia

foto Gaetano Sangineti

 

Al centro della Media Valle dell’Esaro, adagiato su una collina, il paese di Roggiano Gravina dove vegetano rigogliose querce, ulivi e viti, sorge a 225 m s.l.m., in una posizione baricentrica tra lo Jonio e il Tirreno.
Nel comune di Roggiano Gravina, alla sinistra del fiume Esaro, si trova la località di Larderia dal latino lardum = lardo e trae nome dalla grande produzione agricola e dall’allevamento dei suini, molto importante in questa zona.
L’importanza di Larderia nasce nel 1973, anno in cui furono condotti scavi nell’area per la costruzione della diga dell’Esaro.
L’ex Casmez, per dare una sistemazione idrogeologica, che portasse all’utilizzo dell’acque dell’Esaro e all’attenuazione delle piene, redasse uno schema idrico, che prevedeva di costruire due dighe sullo stesso fiume: la prima a Cameli, la seconda a Farneto del Principe di Roggiano Gravina.


Quest’ultima fu data in appalto all’impresa “Ferracemento”, ma durante i lavori vennero alla luce i ruderi di un’antica struttura.
I responsabili della Soprintendenza alle Antichità della Calabria avviarono due campagne di scavo, una nel 1974 e l’altra nel 1975.
La prima campagna di scavo, condotta dal dott. Chiarlo, ha portato alla luce una villa rustica di età romana, databile tra il I e sec. d.C., organizzata su diversi livelli e formata da una parte residenziale e una parte produttiva.


Sono stati ritrovati numerosi frammenti di sigillata italica, di forme diverse sia lisci che decorati, una lucerna a matrice, vari frammenti balsamari, la metà inferiore di un pithos, un’ansa di bronzo.
La campagna di scavo ha interessato anche una zona posta a circa 200m a nord- ovest, qui vi si nota un rudere costituito da un’abside, in opera mista.
In questa zona sorge il complesso termale, dotato di sistema di riscaldamento alimentato da una fonte che in gergo viene chiamata la “fonte del lupo”.


Nel 1975, unitamente alla scoperta relativa a quest’impianto termale, venne messo in luce il primo di una serie di pavimenti a mosaico, che sono il tratto saliente di questa villa.
La villa di Larderia è l’unica villa della Calabria settentrionale, che abbia un così alto numero di mosaici pavimentali, tutti con decorazione geometrica realizzata sia con tessere bianche e nere, sia con tessere policrome.
Dalla villa di Larderia si hanno importanti indicazioni: i mosaici sono probabilmente il prodotto di artigiani locali, che lavoravano nel territorio della città di Copia (Sibari), su cui gravitava la valle dell'Esaro.

Dott.ssa Viviana Caparelli

 

 

Foto Gaetano Sangineti