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News Pollino

𝗖𝗮𝗽𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝗴𝗵𝗶𝗮𝗰𝗰𝗶𝗼: 𝗰𝘂𝗿𝗶𝗼𝘀𝗼 𝗳𝗲𝗻𝗼𝗺𝗲𝗻𝗼 𝗼𝘀𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝘀𝘂𝗶 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗺𝗼𝗻𝘁𝗶!

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Foto Gaetano Sangineti 8.12.2023 - Piani di Novacco


Questa volta vi parliamo di un fenomeno assai particolare e poco noto, conosciuto in gergo come “capelli di ghiaccio" (o lana di ghiaccio) per il suo complesso ricco di filamenti sottilissimi che ricordano letteralmente capelli.
Parliamo di un fenomeno tutto sommato raro, che si verifica solo quando vengono rispettati diversi requisiti sia vegetativi sia, ovviamente, meteorologici.
In primis i capelli di ghiaccio si formano su rami morti e in luoghi molto umidi. Ma non basta solo trovarsi in una splendida foresta non curata di latifoglie (se si parla delle nostre montagne sopra una certa quota, quindi di faggio): è necessario che ci siano anche temperature poco sotto lo zero.
Difatti, non è un caso che queste foto siano state scattate tra Piano di Novacco e Pietra Campanara, a circa 1400 m di quota nel Parco Nazionale del Pollino, dalla guida Gaetano Sangineti l’8 dicembre. Proprio la mattina in cui abbiamo registrato Masistro Park - Al di là dei faggi -7.2°C. A questo punto è facile ipotizzare che in zone non soggette ad inversione, ma prossime ai 1400 m, si trovassero temperature appena sotto lo zero, ma non troppo fredde: l’ideale per la formazione dell’ “hair ice”. Temperature non troppo gelide sono fondamentali per mantenere allo stato liquido l’acqua all’interno del tronco.
Tutto qui?
No, perché non basta avere rami morti o marci, alti tassi di umidità e temperature prossime allo zero, ma serve il fondamentale ausilio di… un fungo!
L’“Exidiopsis effusa”, particolare fungo che cresce sul legno morto di latifoglie, il cui corpo fruttifero è composto da numerosi filamenti di colore bianco spessi circa 0,02 mm e lunghi anche fino a 20 cm, i quali ghiacciano con l’acqua che viene “espulsa” dai pori del legno. Questo fungo impedisce la ricristallizzazione del ghiaccio e pertanto consente la formazione di questi fili e che fondono immediatamente con al tatto.
Solitamente simili osservazioni vengono registrate dal 45° al 55° parallelo di latitudine, ma questa volta abbiamo avuto un'eccezione: questa splendida segnalazione, dal Pollino, si colloca infatti al 39° parallelo.
Ringraziamo anche Carmine Filice per averci fornito i dettagli sul fungo.
https://calabriaweatherdata.it

A cura di:

Calabria Weather Data

Foto Gaetano Sangineti 8.12.2023 - Piani di Novacco

 

Koha, il ritorno della magia dall’oblio del tempo

Koha, il ritorno della magia dall’oblio del tempo

 

 La qualità di un calendario preistorico per le comuni persone di questo secolo, è nel suo essere collocato in un’età indefinita. Viviamo ben piantati nel nostro millennio (il secondo dopo Cristo), coccolati e viziati -anche troppo futilmente- dalla tecnologia: tanto che difficilmente potremmo farne a meno.

L’importanza di un calendario in epoca preistorica era invece, cosa ben più importante e necessaria: non solo per la vita dell’individuo, ma per la sopravvivenza di intere comunità. Poter stabilire con ampio margine la fine di una stagione fredda, l’inizio di quella calda, permetteva di regolarsi per tempo e garantire il giusto momento per la semina, per esempio. In un periodo storico in cui le conoscenze non erano diffuse come avviene per noi oggi, ma era in mano a pochi sacerdoti che regolavano la vita di intere comunità, saper riconoscere equinozi e solstizi era una responsabilità di non poco conto. Sbagliare poteva comportare la perdita di interi raccolti e così rischiare la sopravvivenza del proprio villaggio. 

L’elemento che più si confaceva a calcolare perennemente -e senza saperlo, in eterno- il ciclo delle stagioni, era chiaramente la pietra. Quella stessa pietra che gli uomini nella preistoria scolpivano per farne dolmen e menhir, o anche calendari in pietra di una precisione e di una magia straordinari. La precisione era data dalla conoscenza non indifferente che gli antichi abitanti di Frascineto, nell’età del bronzo, avevano raggiunto; mentre la magia era ed è, indissolubilmente legata al momento fatidico che si raggiunge quando l’ultimo raggio di sole va a baciare la roccia, in un’immagine sacra e rituale per il suo ripetersi costantemente nel tempo, generazione dopo generazione, secolo dopo secolo.

Il ritrovamento  dei Calendari di Pietra di Purçilly (dopo quello di Pietra de la Mola nel parco regionale di Gallipoli Cognato in Basilicata) rappresentano non solo una scoperta sensazionale, ma un evento unico che ci restituisce come un dono, millenni dopo, quella magia sacra, quel connubio fra natura e universo che sicuramente prostrava gli abitanti del villaggio al volere sacro divino, mentre a noi contemporanei ci lascia ammaliati per un processo che si ripete nel tempo, in quello stesso luogo, equinozio dopo equinozio, solstizio dopo solstizio. L’attesa dell’ultimo raggio di sole mentre l’ombra si allunga lentamente fino quasi desiderare la roccia prestabilita (che ci indicherà in quale momento dell’anno ci troviamo), è per noi, schiavi della tecnologia computerizzata, un miscuglio non privo di fascino di magia e tecnologia primitiva, allo stesso tempo.

Il valore aggiunto della scoperta è nello stupore che ogni persona, ogni partecipante, rivive nel momento stesso che comprende il funzionamento del meccanismo ancestrale, come lo ha vissuto lo scopritore e a sua volta gli antichi uomini che lo realizzarono e, perennemente, lo consultarono fino al suo misterioso abbandono.

Aver tolto Koha (come lo scopritore ha nominato il calendario principale e più grande) dall’oblio, per restituirlo ai suoi abitanti prima di tutto e ai contemporanei, è un dono che in qualche maniera ci permette di comprendere per un attimo, per quell’ultimo raggio di luce, prima di svanire nel cielo della notte, la nostra piccolezza di fronte all’universo e ricordare il nostro passato qui e altrove.

Proprio per la sua capacità di rigenerarsi equinozio dopo equinozio, solstizio dopo solstizio, Koha non può e non deve tornare nell’oblio: la magia che esso crea deve potersi ripetere per chiunque nel futuro, a peritura memoria di quello che gli antichi abitanti di Frascineto, seppero realizzare.

Per evitare che Koha torni nell’oblio, serve solo ammirarlo nel pieno della sua funzione: il prossimo appuntamento è quindi, per il solstizio di giugno che segna così l’inizio dell’estate. Un momento unico e allo stesso tempo ripetuto, ma assolutamente magico da condividere tutti insieme, noi uomini schiavi della tecnologia, persi per un attimo nello spazio che ci divide dal sole e dal tempo dei nostri antenati.

Emiliano Montanaro

 

Il nevaio del Pollino

Il nevaio del Pollino

Due foto che ci mostrano in data 8.5.2021 il nevaio sul Monte Pollino, grazie agli scatti della Guida Ambientale Stefano Saetta che ci ha regalato questa emozione!

Il Ghieghio e il Lupo

Il Ghieghio e il Lupo

Romanzo

di

Salvatore Franco

Nel piccolo paese di Firmo, in Calabria, la vita scorre Tranquilla, tra il folclore paesano e le tradizioni della comunità Italo-Albanese. Antonio è un ragazzino vivace e spensierato, che aspetta la festa grande di ferragosto, per ammirare assieme ai suoi amici, i fuochi d’artificio. La sua vita è tutta lì, in quel borgo, ne quale si sente protetto, come in un nido. Sogna di viaggi e avventure e nel frattempo, ammira le montagne del Pollino. Nel suo vivere leggero, fianco a fianco con il padre, impara i segreti del vigneto e nell’estate più bella della sua adolescenza, conosce Giulia, una ragazzina che abita al nord e che puntualmente scende in vacanza, per far visita ai parenti. Crescendo conoscerà altre persone e con loro si confronterà, per sentirsi ancor più fiero della sua etnia Arbëreshë. Nel cammino della sua vita imparerà a rialzarsi dalle sconfitte e dalle avversità, vivendo delle situazioni, con tutto il vigore che ha in corpo. Scoprirà la passione per la montagna che gli regalerà forti emozioni e nel suo girovagare tra le cime della sua esistenza, capirà il vero significato della vita.

 

Acquistabile su Amazon

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Tropea... borgo dei borghi 2021

Tropea

Concorso dei borghi più belli d’Italia 2021

 

Vince Tropea vince la Calabria una sfida tra eccellenze, 260 i borghi in gara, di cui 20 approdati alla fase finale. Tropea la spunta, rappresentando tutta la Calabria, precedendo sul podio Baunei (Sardegna) e Geraci Siculo.

Ecco qualche scatto per rende omaggio a questo posto incantevole...


  

 

 

 

Ph. G. Sangineti

 

I Mulini... storia e racconti

I Mulini... storia e racconti

 

Questo è uno scorcio di storia locale che parla del Pollino ed in particolare di Terranova di Pollino.
 
Nel 1700 sul torrente Sarmento esistevano diversi mulini che rappresentavano il punto di riferimento per la macinazione dei cereali per i contadini residenti nei paesi dell intera valle del Sarmento. Nel comune di Terranova di Pollino esisteva e funzionava un Mulino a Gualchiera in località Casa del Conte - Paraturo. La Gualchiera era un piccolo edificio destinato alla manifattura della lana. L'energia del moto rotatorio, impresso dall'acqua alla ruota orizzontale, era trasformato in moto rettilineo alternato. Le camme,     (dischi metallici sagomati) montate su un massiccio albero verticale, sollevano e lasciavano ricadere dei pestelli in legno che gualcavano i panni di lana tenuti in ammollo. Dal 1800 il mulino di Casa del Conte - Paraturo fu utilizzato solo per la macinazione del grano.
Dai racconti di mio nonno Guaragna Antonio:
"Mio padre, Guaragna Francesco mi raccontava che il primitivo mulino era piccolo e riusciva a macinare in una giornata (12 ore) massimo tre quintali di grano. D'estate il mulino riusciva a funzionare usando l'acqua di una vasca (cibbia). Per ogni pieno si macinavano 50 kg di grano. Si andava a deviare l'acqua delle sorgenti Pitta Curcer' nel canale Cugno cumone e Cugno dell'acero. Mio padre dava un quarto di grano alla guardia comunale per impedire che l'acqua fosse deviata nel versante di San Severino Lucano.
I proprietari del mulino sono state le famiglie Guaragna e Viola. Nel 1878 mio nonno, Guaragna Carlo e nel 1898 Viola Antonio hanno sposato Dattoli Filomena il primo e Dattoli Teresa il secondo, entrando in possesso del mulino per via ereditaria. Ogni famiglia faceva il turno di due giorni e due notti se c'era la folla. Venivano dai paesi della vicina Calabria, e dalle frazioni di Terranova di Pollino, ( Destra delle Donne, Vernile, Tavernola), con gli asini le mule ed anche a piedi. D'inverno se si rimaneva senza farina, si legava il sacco anche all'altro estremo, e portandolo sulle spalle come una bisaccia, si trasportavano al mulino 30 kg di grano.
 
 
Nel 1934 avevo 7 anni quando per la prima volta venne costruita la "saitta" (cascata), costruita dai falegnami del posto con doghe di abete lunghe 7 metri, sostituendo quella realizzata con un tronco di abete nell'anno 1906. Mio padre Francesco mi raccontò che la saitta era stata ricavata da un tronco di abete bianco lungo 7 metri, tagliato in due con dei cunei e svuotato dalla parte fradicia. Qui vennero unite con dei cerchi di ferro. Gli scalpellini prepararono una pietra dello spessore di un metro. Il tronco di abete, con l'aiuto di tutta la gente, venne alzato con pali, scale e funi, (come si fa per la pita di Sant'Antonio) e incastrato nel cilindro incavato nella pietra. La cascata durò circa 25 anni.
L'acqua, presa nel fiume Sarmento, alimentava la cascata con l'acquara e azionava la ruota idraulica orizzontale. Questa era collegata con un asse verticale alla macina di pietra superiore, che sfregando su quella fissa inferiore, sfarinava il grano che cadeva dalla tramoggia. Nel 1953 le prime macine, costruite dagli scalpellini del luogo con le pietre del Salice e San Migalio, furono sostituite con quelle della Provenza provenienti dalla (Francia). Il mulino così raggiunse il massimo della produzione: macina di un quintale di grano in un'ora.
Il mulino ad acqua Casa del Conte - Paraturo funzionò sino al 1968. In quell'anno come nel 1945, una tempesta con la conseguente piena del fiume distrussero l'acquara e la cascata ormai lesionata dalle incurie del tempo.
 
Luca Tufaro

Crolla la storia

Crolla la storia

foto del 30.01.2021

In un sopralluogo effettuato sul colle di Santa Maria del Castello (Castrovillari), nel ricercare uno degli scorci che più preferisco, mi accorgo che la grotticella alle spalle del Santuario è crollata! Numerosi i racconti, le storie e le tracce di una Castrovillari che non esiste più e che sta lentamente crollando per effetto del tempo e delle intemperie.

come si presentava la grotticella prima del crollo

Pensare ad un recupero dell'area potrebbe essere un progetto arduo ma di grande valenza storica... con prospettive importanti sulla ricerca e sul turismo!

Ph. G.S.

La galaverna vista da lontano

Galaverna vista da lontano

Foto del bosco di Pollinello con la galaverna che ricopre i pini loricati secolari in cresta.

PH. Gaetano Sangineti

Panorami da Timpa di Porace

Panorami da Timpa di Porace

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Il Parco Nazionale del Pollino offre in ogni stagione scorci e panorami meravigliosi, complice la sua vastità, con i suoi quasi 200 mila ettari di area protetta; è difatti il Parco Nazionale più grande d'Italia. La prima immagine ci mostra la catena montuosa del Pollino dove partendo da sinistra vediamo innevate alcune delle principali vette del parco come la Manfriana, il Dolcedorme, la Serra delle Ciavole e molto nascosta la Serra di Crispo.

Una meravigliosa immagine della timpa di San Lorenzo!

Il monte Sellaro e il Mar Ionio

Foto di Giovanni Vancieri

 

Panorami innevati dal Pellegrino

Panorami innevati dal Pellegrino

Un’emozionante passeggiata in solitaria sulla neve per raggiungere la vetta di Cozzo del Pellegrino nel versante calabrese del Parco Nazionale del Pollino. La neve e il ghiaccio protagoniste assolute del panorama!

La sveglia al mattino, le prime luci del giorno, lo sguardo va subito nelle Gole del Rosa verso la regina "Montea" giornata gelida e nuvole basse, decido dunque di andare e il mio nuovo obiettivo è quello del Pellegrino, con partenza da piano di lanzo. Da subito la neve si fa sentire pesante dovuta alla Pioggia della notte, le temperature sono in aumento e rendendo più faticosa l'ascesa... Raggiunti i 1700 mt lo zero termico fortunatamente persiste e una incredibile nevicata della notte rende la risalita emozionante, la neve è alta, non vedo nessun segno di sentieri, battere traccia è una gran fatica, ripagata immediatamente dai primi scorci verso che rivelano la vetta, il panorama è incredibile, l'adrenalina alle stelle. Le emozioni aumentano, il ghiaccio presente sulle sommità esposte a nord rende lo scenario superbo, i giochi del vento lasciano spazio a creature di ghiaccio fiabesche... Una grande emozione la neve e il ghiaccio… tra i due mari. 

 

 

Ph. Stefano Saetta