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Ma siete matti ad andare in montagna con questo caldo?

Sono giornate di caldo irresistibile, che non dà tregua né di giorno, né di notte. I ventilatori ruotano le loro pale alla massima velocità. L'estate ha fatto il suo ingresso trionfale facendoci notare (ma quante persone lo avranno notato?) che i cambiamenti climatici e le loro ripercussioni nella ridefinizione dei climi locali procedono a ritmo troppo veloce perché sia sostenibile.
In giorni così caldi la gente fugge al mare, per cercare ristoro nell'ammollo in acque una volta decisamente più salubri.
Gaetano Sangineti e Stefano Saetta hanno proposto invece un'escursione in montagna. "Con questo caldo? Non vorrai andarci, spero! E poi no, dai: gioca l'Italia" è stata la prima espressione che ho sentito da un amico a cui ho proposto di partecipare.
Io invece ho scelto di prendere parte all'escursione con partenza collettiva alle 15:30 da San Donato di Ninea, un piccolo borgo antico che merita di essere visitato, e destinazione Piano Lanzo da cui iniziare il trekking fino a Cozzo dell'Orso.
Circa undici chilometri ad andare, altrettanti a tornare. L'obiettivo era osservare dall'alto il tramonto nel mar Tirreno, uno spettacolo suggestivo già dalle rive del mare, figuriamoci da circa 1500 metri più in alto.
Sin dai primi metri di percorso a piedi abbiamo apprezzato l'ombra garantita da faggi, ontani e castagni, sentendo sulla nostra pelle l'aria più fresca rispetto a quella irrespirabile che avevamo lasciato nei nostri paesi.
Ai lati della stradina sterrata, la vegetazione era talmente fitta da impedire alla luce solare di penetrarvi. I tronchi dei faggi indicavano la stessa età, segno di un rimboschimento a cui non hanno evidentemente fatto seguito azioni mirate di diradamento. L'eccezione era rappresentata da alcuni meastosi alberi vetusti, risparmiati dai tagli selvaggi di epoche antiche.
Spettacolare l'abbraccio di un ontano e di un faggio, che, mescolando le loro chiome, ci facevano tornare alla mente i bei tempi passati, quelli precovid, in cui anche noi, umani e umane, avevamo la bella abitudine di abbracciarci.
Il gruppo abbastanza silenzioso, rispettoso del contesto, ha permesso di ascoltare le molteplici voci del bosco e persino di vedere, almeno chi procedeva avanti, un capriolo e un lupo probabilmente al suo inseguimento, che, accortosi della nostra presenza, si è sentito costretto a fuggire in direzione opposta, abbandonando, se non altro per quel momento, le sue intenzioni predatorie.
La parte del parco del Pollino che attraversavamo è particolarmente rigogliosa, grazie alla frequente piovosità e il verde intenso delle chiome ci ha accompagnato dalla partenza all'arrivo, senza interruzioni.
Gaetano e Stefano, le nostre guide, ci hanno illustrato, grazie all'integrazione delle loro specifiche competenze, aspetti naturalistici e storici, facendoci soffermare più volte sull'osservazione delle rocce calcaree, testimonianza della storia geologica del luogo, trasformando così la nostra camminata in un percorso di osservazione, ascolto, riflessione, molto più ricco della semplice passeggiata solitaria o in compagnia di amici o familiari.
A me venivano in mente le parole di Reinhold Messner, quando, parlando del trekking di montagna, invita a farlo a passo lento, attivando tutti i nostri sensi per cogliere ogni particolare, evitando di trasformare la montagna in una mega palestra dove sfidare se stessi per compiere imprese in velocità.
Al Cozzo dell'Orso la presenza di grandi nuvole sul mare ci ha impedito di vedere il tramonto, ma non ha tolto nulla allo stupore e alla meraviglia che ogni persona ha provato trovandosi immersa in tanta bellezza, a un passo dal cielo, sopra le nuvole dove le varietà cromatiche facevano intuire il "percorso" del sole fino alla sua scomparsa oltre l'orizzonte.
Stupore e meraviglia manifestati attraverso un collettivo "wow!"
Alle 21:30, dopo le foto di rito e l'altrettanto rituale consumazione del pasto al sacco, abbiamo ripreso la via del ritorno, mentre, con indosso felpe e berretti a proteggerci dal piacevole vento fresco, non potevamo fare altro che pensare alle tante persone che, sotto quelle nuvole, sicuramente stavano patendo il caldo aggravato dalla forte umidità.
Con le luci frontali ci siamo incamminati a passo decisamente svelto, in silenzio per concentrarci sui nostri passi, per evitare di inciampare nei tanti rami secchi sul fondo stradale. Le teste chine a illuminare il cammino non hanno impedito a qualcuno di intravedere nel buio del bosco due occhi che ci guardavano. Fermi a puntare le nostre luci sul posto indicato abbiamo potuto osservare con buoni margini di probabilità un lupo, che accompagnava il nostro cammino con il suo sguardo attento. Ma abbiamo anche avuto modo di intercettare un gatto selvatico e un tasso, mentre un allocco con il suo verso copriva ogni tanto le voci del bosco di notte. Qualche pipistrello veniva in nostro soccorso facendo bottino dei numerosi piccoli insetti che prendevano di mira i nostri volti, attirati dalle luci frontali.
Il cammino lungo il tratto di ritorno è stato molto più rapido e ci ha riportato dopo un po' nel caldo infernale della nostra torrida estate paesana.
Sulla via del ritorno a casa in auto, ripensavo alle emozioni provate, alla suggestione del camminare in un bosco abitato da altri viventi, alla percezione che noi di quel bosco, dei boschi, del pianeta in generale, non siamo padroni, ma solo altri abitanti, che troppo spesso però si comportano da usurpatori senza alcun rispetto delle altre vite.

Antonia Romano